Female gaze

Female gaze” letteralmente significa, tradotto dall’inglese, “sguardo femminile“. Si tratta di un termine teorico cinematografico femminista che rappresenta, per l’appunto, lo sguardo dello spettatore femminile.

"Quando la moglie è in vacanza", 1955, Billy Wilder
Scena cult con Marilyn Monroe del film “Quando la moglie è in vacanza” (1955) diretto da Billy Wilder

Il female gaze si configura come una risposta a “the male gaze” che è, appunto, lo sguardo maschile. Questa definizione fu teorizzata dalla critica cinematografica femminista Laura Mulvey nell’articolo “Visual Pleasure and Narrative Cinema” (1975), nel quale discute gli aspetti del voyeurismo e del feticismo nel male gaze eterosessuale.

Esempio di male gaze

Con ciò si vuole intendere non solo lo sguardo dello spettatore maschio, ma anche lo sguardo del personaggio maschile e del creatore maschile del film. Infatti, consiste in quella posizione per cui la visione di un film è sempre mediata da uno sguardo maschile con cui lo spettatore si immedesima e dal cui punto di vista trae piacere.

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Il male gaze ovviamente non è una prerogativa del cinema, ma si può applicare all’arte in generale o, sempre più spesso, in ambito pubblicitario: il soggetto femminile è quasi sempre ritratto come oggetto del desiderio voyeuristico maschile, e le donne spettatrici devono necessariamente adeguarsi a esso, assumendo loro stesse questo punto di vista oggettificante.

Tu sei una donna con un uomo dentro che guarda una donna. Tu sei il tuo voyeur personale
– Margaret Atwood, The Robber Bride

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Nell’uso contemporaneo, il female gaze, quindi è usato per riferirsi alla prospettiva che una sceneggiatrice, regista o produttrice cinematografica porta ad un film, che sarebbe ben diverso da una visione maschile del soggetto. Ovviamente, però, come il male gaze non è legato limitatamente all’ambito cinematografico, anche il female gaze, inteso come lo sguardo femminile su sé stesse e sul mondo, si adatta ad uno spettro più ampio. Difatti, si lega soprattutto al mondo della fotografia e in generale all’arte, con l’emergere di fotografe che non abbiano paura di usare il proprio punto di vista. 

Envisions '70s Glam, fotografia di Petra Collins per Bulgari
Envisions ’70s Glam, fotografia di Petra Collins per Bulgari

Un esempio è la moda, che è da sempre legata indissolubilmente alla creazione del desiderio: la dimensione in cui prende vita è quella del sogno, dell’aspirazione, della bellezza e il modo in cui questo desiderio viene interpretato è tramite la fotografia, dove per anni ha dominato un punto di vista eminentemente maschile in cui si ripete il paradosso per cui la donna, soggetto e destinatario principale della fotografia di moda, si trova a subire l’immagine passivamente.

Il volersi riprendere il proprio corpo e anche la rappresentazione di esso è un punto centrale della teoria del female gaze: una conquista in cui le donne parlano in prima persona, e producono la loro arte lasciando i panni delle muse passive.

Fotografia di Viviane Sassen
Fotografia di Viviane Sassen

L’atto di riappropriarsi dell’obiettivo e di ridefinire lo sguardo femminile della donna nei confronti di un’altra donna è quindi più che mai un atto sovversivo, carico di implicazioni socio-politiche, ed è una delle più importanti rivoluzioni nel campo della fotografia di moda dell’ultimo decennio. Il female gaze è una riaffermazione della propria identità, di un’idea di bellezza diversa, meno artificiale, di una femminilità più complessa e sfaccettata e del diritto all’autorappresentazione del proprio corpo: insomma, una radicale ridefinizione del concetto stesso di desiderio.

Fotografia di Joana Choumali
Fotografia di Joana Choumali

Il female gaze non si ferma davanti a segni, imperfezioni, argomenti tabù o luoghi comuni ma mostra l’universo femminile nella sua infinita complessità. È emotivo e intimo. Vede le persone come persone. Cerca di empatizzare piuttosto che oggettivare. È rispettoso e tecnico. Non ha avuto la possibilità di svilupparsi. Dice la verità. Coinvolge il lavoro fisico, è femminile e senza vergogna. E’ parte di un vecchio binario di genere, dovrebbe essere studiato e sviluppato, dovrebbe essere distrutto, ci salverà, ci sosterrà.

È triste vedere che oggi siamo a un livello così basilare in cui dobbiamo parlare dello sguardo femminile e di questo raro gruppo di donne che rappresentano solo il 4% di un campo dominato dagli uomini. Capisco che la conversazione è necessaria, perché dobbiamo migliorarla. Ma vorrei che, nel prossimo futuro, questa conversazione sarà obsoleta
– Natasha Braier, The Milk of Sorrow

Fotografia di Stephanie Wilson
Fotografia di Stephanie Wilson

Credere in uno sguardo femminile, quindi, significa credere nello sguardo maschile. Bisognerebbe lavorare ancora per cercare di andare oltre ad una mera distinzione di genere che vede due concezioni muoversi in direzioni diametralmente opposte. Sicuramente, è fondamentale cercare di superare questa dicotomia di fondo, ma il discorso del female gaze rimane, oggi più che mai, necessario per risollevare la visione del mondo ad un punto di vista che non sia discriminatorio ed oggettivante. La speranza è che ci si stia muovendo verso un mondo non legato ai binari di genere.

Link

https://www.vulture.com/2018/08/how-do-we-define-the-female-gaze-in-2018.html

https://en.wikipedia.org/wiki/Female_gaze

http://www.osservatoriodigitale.it/osservatrice-romana/439-21-osservatrice-romana

https://www.cosmopolitan.com/it/lifestyle/a15952909/femminismo-arte-fotografia-grafica/

https://www.vogue.it/photo-vogue-festival/exhibition/2016/11/15/the-female-gaze-mostra/?refresh_ce=